Questa recensione va letta bevendo un buon caffè, fatto come Dio comanda, quindi mettete su la moka. Leggere i romanzi della serie di Sarti Antonio, di Loriano Macchiavelli, a me fa sempre venire voglia di bere caffè, perché quando la narrazione prende il via non riesco a fare a meno di sentirmene parte. Uno sterminio di stelle è un romanzo in cui niente è come sembra: il significato della parola “sterminio” (che, in questo caso, è da intendersi come “infinità”, “distesa sconfinata”), la causa della vicenda, che risale al IV sec. d.C. ma si ripercuote sugli anni dopo il terremoto in Emilia Romagna del 2012, i personaggi coinvolti, sempre avvolti da un alone di ambiguità.
I luoghi dello Sterminio
Le certezze sono poche: l’intramontabile sergente Antonio Sarti e la sua memoria prodigiosa, l’agente Felice Cantoni che guida l’auto ventotto, la simpatia e l’arguzia dell’agente scelta Salvatrice Prenotato, e Rosas… Come definirlo? Compagno di avventure di Sarti da tanto tempo, tanto acculturato quanto scroccone sotto i suoi occhiali a fondo di bicchiere. E, naturalmente, Bologna.
Sarti sta indagando sulla scomparsa di Rolandina Nanni, una ragazza di diciannove anni probabilmente scappata di casa. All’improvviso viene chiamato presso il cantiere dove hanno deciso di edificare il nuovo stadio del Bologna, nella località archeologica di Villanova. Rosas, in quanto studioso, è stato incaricato dalla Sovrintendenza di controllare i lavori.
Improvvisamente, dagli scavi emerge un reperto archeologico, una sepoltura anomala. Tredici mummie di epoca etrusca alte più di due metri. Dodici hanno i femori spezzati, mentre la tredicesima è sepolta separatamente e ha ai piedi un omphalos, una pietra rituale recante un’incisione che raffigura Charun, antica divinità funebre che impugna una mazza. Il mattino dopo, i cadaveri diventano quattordici: accanto alle mummie etrusche, c’è il corpo dell’architetto progettista dello stadio, ucciso e sepolto secondo il rituale dei cadaveri antichi.
L’indagine si sposta successivamente sull’appennino bolognese, al Santuario della Beata Vergine della Consolazione a Montovolo e all’adiacente Oratorio di Santa Caterina, entrambi risalenti probabilmente al XIII sec. Le digressioni artistiche si inseriscono all’interno della trama senza deviarla, come fossero pensieri dell’autore. Così si viene a conoscere il folklore di un territorio denso di storia che, spesso, passa sotto silenzio.
Dal narratore a Poli Ugo: i personaggi
Il narratore, ovvero Macchiavelli, accompagna i personaggi come una specie di angelo custode. Non è solo una voce neutra, è proprio un personaggio onnisciente che viaggia da un punto all’altro della trama e racconta ai lettori ciò che vede. Questo accade da sempre nei suoi romanzi e, in questo caso, salta anche da un’epoca all’altra. Alcuni intermezzi sono ambientati nel IV sec. d.C., al seguito di quelle tredici figure. Con i personaggi che sono stati protagonisti, cioè Sarti e l’archivista Ugo Poli detto “lo Zoppo”, Macchiavelli addirittura interloquisce e intelaia dei brevi dialoghi che, spesso, servono per avviare un ragionamento logico che porti alla soluzione.
Il libro fa riferimenti ad altri romanzi, come L’archivista o Delitti di gente qualunque, e, a volte, ne cita interi brani. Non che non si possa leggere Uno sterminio di stelle senza aver letto gli altri, ma genera una certa curiosità… L’idea dell’autore è quella di fare omaggio ad alcuni personaggi particolari, come Trebisonda, Ugo Poli e Salvatrice Prenotato.
A proposito di Salvatrice, non posso non notare come sia efficace il suo personaggio: è una giovane donna in polizia e gode di grandissima stima e considerazione da parte dei suoi colleghi. È “agente scelta” perché capace, senza bisogno di essere né una maliarda, né una virago o un simpatico cliché del mondo femminile, insomma, è semplicemente sé stessa. Mi ricorda un po’ Judy, la coniglietta del film Zootropolis: una tipa carina e sveglia, in cui tutte noi possiamo immedesimarci.
E poi c’è Bologna.
Chi ha vissuto per le strade della città la riconoscerà di certo. Soprattutto se, come l’autore, l’ha vista cambiare nel corso dei decenni. La luce del tramonto che cade sulle strade di pietra e le colora di quei toni tipici, la malinconia del degrado ambientale e sociale, i processi di ammodernamento e ristrutturazione che la trasfigurano… Non è che la Bologna di Macchiavelli è realistica, è proprio Bologna! E leggendo Uno sterminio di stelle viene da domandarsi se l’autore non stia scrivendo di noi in questo momento…