Giulia Ciarapica è una scrittrice e book blogger marchigiana.
Originaria di Casette d’Ete, un piccolo borgo in provincia di Fermo, è laureata in letteratura italiana e filologia moderna.
Giulia, da un paio di anni, si occupa di recensioni libresche su Il Foglio e Il Messaggero, dove, grazie a una penna sapiente e un ricco vocabolario, trasporta ogni suo lettore in un fantastico viaggio tra le pagine dei romanzi di cui va a esplorare ogni singolo dettaglio.
Nel 2018, ha pubblicato un saggio, dal titolo Book blogger. Scrivere di libri in Rete: come, dove e perché. Mentre lo scorso 2 aprile è uscito in tutte le librerie il suo romanzo d’esordio, Una volta è abbastanza, edito da Rizzoli.
Quando è nato il tuo blog giuliaciarapica e quando hai sentito la necessità di creare uno spazio in cui parlare di libri?
È stato difficile emerge con un blog in cui ti occupi esclusivamente di libri?
Ho iniziato a leggere molto tardi. Il mio amore per la lettura è sbocciato quando avevo 15 anni. Ero in seconda superiore e il primo romanzo che lessi fu L’isola di Arturo di Elsa Morante.
Il blog è nato nel 2014, quattro anni e mezzo fa, per puro caso.
Mi ero appena laureata, anche se non avevo ben chiaro cosa volessi fare, ero consapevole che volevo vivere di libri.
Su suggerimento di mia madre, che mi ha trasmesso la passione per la lettura, ho inaugurato il mio blog, anche se ho scritto le mie prime recensioni sulla mia pagina Facebook.
A differenza di altri colleghi, già nell’arco di tre o quattro mesi, il mio blog aveva iniziato ad avere un buon numero di seguaci.
Al di là dalla qualità delle recensioni, apprezzate dagli autori e dalle case editrici a cui le inviavo, il successo è legato al fatto che fin da subito condividevo i contenuti da me creati sui social network.
Da lì, è stato tutto un crescendo: dai primi contributi a un giornale on-line, Ghigliottina.it, alla collaborazione con Il Messaggero.
La passione per la scrittura è stata una conseguenza del tuo amore per la lettura?
Sì, mi è sempre piaciuto scrivere. E la passione per la scrittura nata perché mi piace leggere.
Sai, se lavori con le parole e sei sempre immerso in termini e vocaboli, la scrittura è quasi una conseguenza diretta o, almeno, ci si prova a scrivere.
Inizialmente la mia passione per la scrittura era rivolta alla scrittura giornalistica e non alla narrativa.
Tanto che, quando mi chiesero di comporre Book blogger ero convinta di non farcela perché mi ero sempre misurata con degli articoli, mai con saggi e romanzi.
La scrittura è un talento naturale, un dono, ma come ogni talento deve essere alimentato dalla costanza del sacrificio e dalla passione.
Una volta è abbastanza è il tuo primo romanzo.
Qual è l’origine del titolo e qual è la genesi dell’opera? Una volta è abbastanza è il primo volume di una trilogia ambientata in un passato recente che tu non hai potuto vivere in prima persona.
Il titolo trae ispirazione da una celebre frase dell’attrice statunitense Mae West: «Si vive una volta sola. Ma se lo fai bene, una volta è abbastanza».
Per nessuno, vivere una sola volta è abbastanza, ma i personaggi del romanzo vivono un’esistenza talmente intensa e forte, sia dal punto di vista emotivo che lavorativo, che una volta potrebbe essere abbastanza.
Il romanzo, le cui vicende si svolgono tra il 1945 e il 1964, è una saga familiare, la saga della mia famiglia: Valentino e Giuliana, i due protagonisti principali, erano i miei nonni materni.
Lo stesso editore mi ha suggerito di parlare delle Marche, una terra quasi sconosciuta, una regione silenziosa, con un entroterra meraviglioso; anche a livello letterario, la mia regione è stata menzionata poche volte.
Ma, soprattutto, vi era la voglia di parlare della vita di provincia dell’Italia Centrale, una vita poco raccontata, e di un importante pezzo di storia del nostro Paese, ovvero quello di calzaturifici.
Infatti, leggendo il tuo romanzo, ho notato che gli elementi storici rivestono un ruolo importante nello sviluppo della trama.
Quali sono state le fonti storiche a cui hai attinto e qual è il rapporto tra la componente storica e la componente prettamente narrativa, frutto della tua fantasia?
Nel romanzo non c’è la volontà di descrivere quella che è la macrostoria dell’Italia; l’inquadramento storico è servito per far capire le differenze tra la storia del nostro Paese e il microcosmo di Casette d’Ete.
Tanti eventi e notizie nel mio paese nemmeno arrivavano.
Ad esempio, la Seconda guerra mondiale ha colpito solo di sfuggita Casette: è vero, gli uomini vennero inviati al fronte e il ponte sul fiume Ete venne bombardato nel 1944, ma la vita proseguì in maniera naturale.
Oltre ai libri di storia, ho attinto dagli articoli pubblicati in quegli anni, sia per quanto riguarda gli eventi storici che i fatti di cronaca, e da molti racconti dei miei nonni.
Poiché ho passato molto tempo con loro, ho assorbito le storie che mi narravano e le ho riversate nel romanzo, che è fatto di quelle verità e di quella vita quotidiana degli “ultimi” che non si trovano nei manuali di storia.
A livello di fantasia c’è poco. È la storia della mia famiglia materna, leggermente romanzata. I nomi sono tutti diversi, tranne quelli dei miei nonni, però i fatti sono tutti veri.
Valens, il calzaturificio, è esistito veramente. Dietro a casa mia ci sono ancora i ruderi della fabbrica che produceva scarpe da neonato ed era uno dei calzaturifici più affermati d’Italia.
La maggior parte dei personaggi, in modo particolare quelli principali, escluso Valentino, sono di sesso femminile.
In quale tra queste donne ti rispecchi?
Io mi rivedo moltissimo in Annetta, la sorella di Giuliana. Annetta è una donna forte, è una donna indipendente, sui generis, soprattutto per l’epoca.
Mia madre mi ha detto: «Se tu e Annetta vi foste incontrate, avreste messo a ferro e fuoco Casette».
Parliamo di Libri a 180°, il primo festival letterario e dell’editoria di Sant’Elpidio a Mare.
Il nome, Libri a 180°, deriva dai gradi che i libri assumono una volta aperti.
Si terrà il 30 e 31 agosto e il 1° settembre e vi partecipano trentacinque case editrici, quattro librerie e quattro hobbisti, che creano oggetti inerenti al mondo della letteratura.
Alla serata di apertura di venerdì 30 agosto saranno presenti i ragazzi di Lercio e Sara Dellabella e Romana Ranucci, autrici di Fake republic, libro che gravita attorno alle fake news e alle bufale a tema politico presenti sul web.
L’ingresso è gratuito e, cosa molto importante, anche gli editori hanno potuto affittare gratuitamente il loro stand.
Ultima domanda. Quali sono i tuoi tre libri del cuore?
L’isola di Arturo di Elsa Morante. È il primo libro che ho letto a 15 anni e che mi ha aperto un mondo.
Stoner di John Williams che, nonostante l’abbia letto l’anno scorso, mi ha ispirato e mi ha motivato ancora di più a fare il lavoro che faccio.
L’ultimo è Un amore di Dino Buzzati. È un libro che consiglio sempre a tutti, poetico e romantico, che narra di un amore tragico e non ricambiato.
Giulia è una persona squisita, è una di quelle donne di carattere che ti entra subito dentro e che ti trasporta nel suo mondo fatto di parole, risate e spontaneità.
Con la sua irriverenza e la sua lingua a volte tagliente, ti invita a considerare solo il lato positivo delle cose e a riflette sul fatto che, forse, una volta non è abbastanza.
Assieme abbiamo una bellissima giornata a Verona e adesso attendo con ansia l’uscita del secondo volume di questa saga familiare.
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