Già se mi viene proposta una lettura in anteprima mi precipitò a divorarla, figurarsi se a presentarmela è uno scrittore che seguo da tempo come Matteo Bortolotti.
Il suo alter ego letterario torna sulla scena del crimine con il nome di Bartolo Matteotti, nel racconto Il talento di Bartolo Matteotti, ambientato nell’enigmatico paesino di Torre di Reno che è tanto piccolo quanto pieno di enigmi. Dissipare la coltre di nebbia padana alla ricerca della verità è compito di Bartolo, insieme a Elena Abate, ufficiale dei Carabinieri e figlia del commissario Tindaro Abate, il quale ha perso la memoria e la lucidità; ai suoi tempi è stato un grande dell’investigazione e solo i due protagonisti sanno che non sarebbe più in grado di esercitare la professione, ma lo affiancano nelle indagini per mantenere intatta la sua reputazione.
La maledizione dell’ebreo
Il racconto oscilla tra il delitto del presente e una leggenda del passato: il mago ebreo Cagliosso che maledì secoli fa Torre di Reno a causa delle persecuzioni contro la sua famiglia. Qualcuno vede il suo fantasma aggirarsi nei pressi del castello dove si trova la sua cella, e a perdere la vita nel 2019 è l’attore che lo interpretava durante le visite dei turisti.
Non posso fare a meno di cogliere i riferimenti a due colonne portanti del mistero in Emilia-Romagna: Cagliostro e Josef Ha-Kohen.
La cella nel castello con una rosa sul giaciglio e il profilo da mago alchimista riguardano il primo: Alessandro, conte di Cagliostro, che fu rinchiuso nella fortezza di San Leo. Ho già parlato del fascino di quella località e, credetemi, la prigione del conte è proprio così, con la stessa atmosfera.
Il secondo invece è effettivamente l’ebreo che, in base alla leggenda, scagliò una maledizione contro gli abitanti del paese in cui la sua famiglia fu colpita da fatti truci: a Pieve di Cento, il cronista ebreo Josef Ha-Kohen nel 1540 vide suo figlio annegare nel Reno senza che i locali presenti gli prestassero soccorso e nel 1543 tre ladri pievesi penetrarono nella casa di suo cognato, uccidendo sua moglie, i tre figli ed il servo. La tradizione vuole che Joseph abbia condannato Pieve di Cento ad un Herem (anatema) perpetuo contro chi vi restasse anche una sola notte.
Bartolo ed Elena
Sagaci come Castle e Beckett, affiatati come Starsky e Hutch, Bartolo ed Elena conducono le indagini completandosi: lei ci mette la prontezza, il rigore e la scaltrezza dell’esponente delle forze dell’ordine, Bartolo ci mette la fantasia dello scrittore di gialli e, appunto, il suo talento, ovvero la sua prodigiosa memoria eidetica.
Anche se il racconto è narrato dal punto di vista di Bartolo, le due figure sono i motori principali della storia, con tutto ciò che dicono e che non si dicono. Insomma, il loro è il rapporto paritario di due colleghi capaci, il legame fraterno di due cari amici, il ronzio di un corteggiamento sottile, tutto insieme!
Lo scrittore in giallo: il progetto multimediale
Nel corso della narrazione Bartolo Matteotti rompe spesso la quarta parete, ma non solo. In realtà “lo scrittore in giallo”, la serie di racconti di cui Bartolo sarà protagonista, è molto più di una semplice raccolta letteraria.
Il racconto è sia cartaceo sia in ebook, inoltre l’autore ha pubblicato un teaser trailer e forse è in arrivo anche un booktrailer. Sui canali social e sul sito dell’autore si possono seguire le avventure dello Scrittore in Giallo, sia dal punto di vista della narrazione che come storia editoriale. In tutto ciò, Matteo Bortolotti compare nelle foto con camicia gialla e giacca nera. Insomma “lo scrittore in giallo” si sta presentando come un progetto multimediale di storytelling!
In trepidante attesa del prossimo racconto… Benvenuti a Torre di Reno. Benvenuti sulla scena del crimine.