Siamo solo a giugno e forse è ancora presto per palare di streghe e demoni, ma non potevo non dedicare un Recensendo a Le janare di Gaetano Lamberti, il suo romanzo d’esordio pubblicato da Il Seme Bianco a febbraio 2019.
Ho conosciuto Gaetano su Instagram un paio di mesi fa, e mi sono innamorato subito delle sue foto libresche.
Tra una chiacchiera e l’altra, mi ha parlato del suo romanzo, raccontandomi alcuni retroscena inediti.
Da sempre il tema della stregoneria mi affascina, tanto che quando alla triennale diedi l’esame di Storia moderna, portai tutti i libri possibili inerenti la caccia alle streghe.
Fattucchiere campane
Come il vento, le janare, passano sotto le porte e tra le fessure delle finestre. Hanno il diavolo dalla loro parte, pensi che i carabinieri riuscirebbero ad acchiapparle?
Gaetano Lamberti, Le janare, Roma, Il Seme Bianco, 2019, p. 32.
Forse, chi non è originario della Campania non ha mai sentito parlare delle janare, creature del folklore campano.
Figlie del Maligno, le janare sono donne anziane dai lunghi capelli grigi e scarmigliati, dalla pelle raggrinzita e dal seno cadente, dagli occhi vuoti e dalle unghie spezzate.
Ogni notte, nude, si insinuano nelle case delle loro vittime per far loro del male, sedendosi sulle loro gabbie toraciche provocando una sensazione di soffocamento.
La tradizione, inoltre, vuole che le janare siano le responsabili delle malformazioni nei bambini, poiché sono solite incastrarli nei treppiedi che, nei focolari domestici, sostengono il paiolo.
Per sfuggire alla iettatura di una janara basta appoggiare una scopa in saggina vicino alla porta di casa: la fattucchiera, anziché entrare, inizierà a contarne le setole.
E se dovessi acciuffarne una per i capelli, urla “filo di ferro”; così facendo, la janara proteggerà la tua famiglia dalle sue sorelle per sette generazioni.
Le vicende del romanzo ruotano attorno a una famiglia di Castel di Sopra, un paese immaginario in provincia di Salerno.
Martino, protagonista e voce narrante – nonché controparte letteraria di Gaetano –, è un bambino di dieci anni che condivide le mura domestiche con la sua numerosa famiglia: i genitori Luisa e Sandro, la sorella Marisa, i nonni Immacolata e Alfonso, la prozia Vincenza e Vilma, un’anima pia con disturbi mentali salvata dalla prozia.
Fin dalle prime pagine, la malasorte si accanisce su Martino e i suoi familiari; una serie di eventi nefasti, a partire dal ritrovamento di un cavallo morto in giardino, porta a galla il lato oscuro di ogni membro della famiglia – sia esso fisico, come una malformazione, o spirituale, come un segreto tenuto nascosto per una vita intera.
Il mondo delle janare emerge adagio, pagina dopo pagina, e il lettore lo scopre e lo esplora assieme a Martino, fino alla concitata conclusione.
In un continuo crescendo si viene a delineare un breve romanzo in stile gotico ambientato nelle campagne del Mezzogiorno, distante dalle ambientazioni tipiche del genere.
Un esordio pacato
Quella casa sembrava avere un’anima maligna. Sembrava viva, come se avesse cento cuori pulsanti incastonati nelle pareti e sotto il pavimento
Gaetano Lamberti, Le janare, Roma, Il Seme Bianco, 2019, p. 26.
L’anima gotica di Gaetano emerge in tutta la sua forza in questa citazione.
In una manciata di parole sono riconoscibili due dei suoi autori preferiti: Shirley Jackson e Edgar Allan Poe.
La casa ha un’anima maligna come la magione dell’Incubo di Hill House; dalle pareti e dal pavimento si diffonde lo stesso battito del Cuore rivelatore.
Gli elementi classici del genere gotico, nelle Janare, vengono proposti in una cornice temporale definita non ben centrata.
Nella sinossi si legge «Castel di Sopra, 1997», ma nonostante l’anno sia indicato in maniera esplicita, ho avuto non poche difficoltà a collocare gli eventi tra l’inverno e la primavera di quell’anno.
L’uso del voi – con cui Martino, la sorella e i genitori si rivolgono ai nonni e alla prozia –, le candele adoperate per illuminare le stanze alla sera, le camere da letto sovraffollate dove i genitori dormono assieme ai figli e, in generale, la mancanza di riferimenti alla cultura degli anni Novanta mi hanno portato a riflettere sulla temporalità del romanzo.
La storia, alla luce di ciò, poteva essere ambientata anche un secolo prima, e visti questi aspetti, sarebbe stata veritiera; forse una temporalità più offuscata, in cui quel 1997 non si presenta con prepotenza, non mi avrebbe portato a cercare riferimenti a quelli che sono stati gli anni della mia infanzia, riferimenti che purtroppo non ho trovato.
Tuttavia, l’aspetto temporale non è il solo a non avermi convinto appieno.
Vi sono due personaggi la cui presenza mi è sembrata avesse solo lo scopo di rimpolpare la narrazione.
Uno di questi è Vilma. Salvata dalla strada da zia Vincenza, ma non è mai stata ben voluta da nessuno.
La sua funzione all’interno del romanzo non mi è chiara: qualche battuta, qualche apparizione, ma nulla di rilevante dal punto di vista della trama.
L’altro è Catella, l’unica amica di Martino, ma che sparisce di scena alla fine del terzo capitolo.
In quanto personaggio esterno alla famiglia e amica del protagonista, mi sarei aspettato che venisse maggiormente coinvolta nei fatti narrati, che la malasorte potesse colpire anche lei.
Al contrario, ho apprezzato i fatal flaw di zia Vincenza e di mamma Luisa.
Due figure femminili opposte: la prima emblema dell’accidia, la seconda della compassione.
Entrambe, però, travolte dagli eventi rivelano un lato inedito del loro carattere; si compie così un’importante evoluzione dei loro personaggi.
Al di là di questi due macro-difetti, Le janare è un buon romanzo d’esordio, scritto con una penna fresca, un linguaggio accessibile e una sintassi semplice che porta sugli scaffali delle librerie un intrigante spaccato del folklore italiano.
Le janare altro non sono che un’allegoria di tutti i mali del mondo.
Voto: 🤓🤓🤓😶😶
Autore: Gaetano Lamberti
Casa editrice: Il Seme Bianco
Pagine: 147