Paolo Barretta è uno dei fotografi più giovani e promettenti del panorama artistico italiano.
Con lui ho trascorso un piacevole pomeriggio a Bologna, parlando di fotografia e arte e sorseggiando tisane allo zenzero.
Paolo, iamwinter per i suoi follower su Instagram, è nato in provincia di Salerno nel 1994. Dopo aver studiato alla Romeur Academy di Roma e aver vissuto a Milano, si è stabilito nel capoluogo emiliano-romagnolo.
La scelta di questo nickname è semplice: l’inverno è la sua stagione preferita e in esso trova conforto, un conforto che la stagione calda non sa donargli.
Quando è nata la tua passione per la fotografia?
Forse avevo undici anni.
Ricordo che ho iniziato a scattare con una compatta che avevo bramato per tantissimo tempo, non ricordo nemmeno di che marca fosse.
La mia passione è nata anche grazie al gruppo di amici che avevo.
Erano tutti interessati all’arte e molti attivi sotto questo punto di vista.
Addirittura, credo che questa passione non sia nemmeno nata da me, ma da una mia amica che l’ha poi trasmessa a tutti noi.
Probabilmente, questo amore deriva da un impulso altrui che ho fatto mio, anche se all’epoca non sapevo ancora chi fossi e cosa volessi comunicare, quella che è la mia ricerca artistica.
Cosa rappresenta per te la fotografia e la ricerca artistica che ne deriva? I tuoi scatti spiccano per la bellezza dei colori.
La mia ricerca non riguarda il creare un determinato tipo di fotografia, ma sviluppare il processo di post-produzione: ricreare un editing cromatico coerente con toni pastello e toni freddi.
In realtà è capitato un po’ per caso, è una cosa che è venuta da sé, piano piano, dopo il blocco artistico che ho avuto tra Milano e Bologna.
Improvvisamente, un giorno mi sono svegliato, sono impazzito e ho iniziato a fare cose che non avevo mai fatto! Ad esempio, uno scatto di un ragazzo sdraiato a terra in mezzo alla strada, come se fosse morto.
Ho iniziato a rendermi conto del fatto che queste foto avevano un riscontro maggiore rispetto a quelle patinate e super perfette che facevo prima. forse così riuscivo veramente a comunicare qualcosa.
La ricerca cromatica è derivata da questo, dal riscontro del “pubblico”. Ho iniziato così a sperimentare molto di più con la post-produzione e a fare foto dai toni freddi, senza una motivazione apparente, probabilmente era un mio bisogno inconscio. Così sono arrivato a quello che faccio oggi, dove la parte cromatica è più importante della foto stessa.
Hai partecipato alla terza edizione di Master of Photography su SKY Uno.
Com’è stato prendere parte a un talent show? Hai dovuto giungere a dei compromessi per portare a termine i temi delle puntate?
Master of Photography è stata un’esperienza elettrizzante, sicuramente una delle più belle della mia vita. Mi ha aiutato a sbloccarmi, mi ha permesso di conoscere altre persone che oggigiorno sono amiche.
È stata anche un’esperienza complessa, soprattutto per quanto riguarda l’ansia.
Temevo di non sapere soddisfare gli altri, ma soprattutto me stesso.
Ma credo di esserci riuscito: in tutte le prove, non ho mai fatto qualcosa che non volessi fare e sono sempre stato coerente con la mia persona.
Compromessi? No.
Avevo la più totale libertà di fare quello che volevo, nel modo che ritenevo più opportuno. Con temi così specifici era molto difficile trovare delle “sfumature” e fare qualcosa che fosse esattamente riconducibile a te. È complesso riuscire a rimanere totalmente se stessi all’interno di un programma televisivo e realizzare un buon lavoro che sia coerente con il tema e con il fotografo.
Un consiglio per tutti coloro che vogliono intraprendere questo percorso?
Innanzitutto, bisogna essere pronti.
È un sentiero difficile, in cui non si deve seguire soltanto un percorso sociale, ma anche un percorso interno e personale.
L’arte è fatta anche di persone e pensieri e di tante crisi.
Non si tratta solamente di far bene il proprio lavoro, bisogna anche essere ispirati da se stessi, riuscire a comunicare qualcosa e accettare i momenti in cui non si riesce a farlo, rischiando di incappare in una sorta di psicosi.
Ma se siete veramente certi di voler intraprendere questo percorso, fatelo nel modo più pazzo che esiste: non ponetevi limiti, non cercate di assecondare quello che la società ritiene più opportuno.
Sperimentate il più possibile.
L’arte è fatta da ciò che voi esprimete e se realizzate qualcosa di finto, lo si nota subito.
Quale celebrità vorresti fotografare e con quale fotografo vorresti collaborare?
Vorrei tantissimo poter scattare Elle Fanning.
The Neon Demon è uno dei miei film preferiti e la sua interpretazione è stata assurda. Il film è stato fonte di ispirazione e ha riacceso il motore dentro di me, ogni fotogramma è una foto che vorrei scattare.
Anche Angelina Jolie, che adoro da quando ero un pargolo.
Sono tre le persone con cui vorrei collaborare.
Marietta Varga, una mia cara amica e anche lei concorrente di Master of Photography. Ho già avuto modo di farle delle foto, ma non abbiamo ancora creato un progetto assieme.
Poi Laura Makabresku: la amo alla follia e adoro le sue rappresentazioni così oniriche e spirituali. Da lei mi farei ritrarre e non mi faccio mai fotografare da nessuno.
Infine, c’è Weronika Izdebska, in arte Ovors, che sento molto vicina in termini di post-produzione e colori.
In generale, collaborerei con fotografi con cui mi sento abbastanza affine, per quanto la diversità mi piaccia e mi attragga.
Quali sono i tuoi progetti per il 2019?
Cambiare tutta l’attrezzatura.
Quella che ho mi ha permesso di fare tutto quello che ho realizzato, ma ho bisogno di cambiarla. Mi piacerebbe anche provare a fare video e intraprendere questa nuova strada.
Domanda a bruciapelo: fotografia analogica o digitale?
Analogica.
Amo la pellicola.
Quindi sì, se dovessi scegliere tra le due opterei per la prima.
Anche tra voi Quattrocchi ci sono appassionati di fotografia o, magari, fotografi?
Nel caso, vi consiglio di seguire Paolo su Instagram, rimarrete ammaliati dalle sue opere.
Inoltre, se siete amanti dell’arte e volete conoscere un famoso artista cinese formatosi a Bologna, vi invito a leggere l’intervista fatta da Arianna a Zhang Dali.