Queste giornate, scandite da lezioni online e incursioni in giardino per prendere una boccata d’aria, sembrano essere interminabili, soprattutto quando né Netflix né Amazon Prime offrono contenuti che aiutano a combattere la noia.
Un paio di mesi fa avevo salvato Horse Girl nella mia lista, per poi dimenticarmene completamente; almeno fino alla scorsa settimana.
Ho dovuto guardare il trailer più volte prima di convincermi a schiacciare play e, tutto sommato, non è stata una cattiva decisione.
Diretto da Jeff Baena, Horse Girl, disponibile dal 7 febbraio su Netflix, è una pellicola dalle tinte drammatiche, in cui psicologia e fantascienza convivono in un intreccio a volte di dubbia comprensione.
Sarah e gli alieni
La timida Sarah – interpretata da Alison Brie, star di GLOW – lavora come commessa in un negozio di stoffe e articoli per il fai da te; è una donna impacciata, una vera e propria misfit: è sonnambula, soffre di epistassi ed è incapace di relazionarsi con le persone.
L’unica sua vera amica, fatta eccezione per la materna collega Joan, è Willow, una cavalla di sua precedente proprietà che va a spesso ad accudire dopo il lavoro.
La vita di Sarah scorre monotona tra una lezione di zumba e un episodio di Purgatory, una serie fantascientifica che sembra essere un omaggio a Buffy l’ammazza vampiri.
Il giorno del suo compleanno, Nikki, coinquilina di Sarah, organizza una serata a quattro a cui partecipano il suo ragazzo e un amico, Darren.
Da quel giorno l’esistenza di Sarah non sarà più la stessa: quelli che sembravano essere dei banali disturbi nascondono qualcosa di più profondo che lentamente affiora e monopolizza le giornate della protagonista.
Un sogno ricorrente tormenta le notti di Sarah; un sogno che la porta a credere di essere uno strumento nelle mani di un’entità aliena.
Non solo: Sarah è convinta di essere il clone di sua nonna.
In seguito a un appuntamento disastroso con Darren e dopo aver mostrato segni di squilibrio sia a casa che al lavoro, Sarah viene ricoverata in uno ospedale psichiatrico per tre giorni.
Durante un colloquio con un assistente sociale, Sarah rivela alcuni particolari sul suo passato: la nonna venne rinchiusa in un manicomio, sua madre che soffriva di depressione si suicidò.
Nel corso di queste settantadue ore, Sarah è vittima di una serie di allucinazioni che le fanno perdere la cognizione del tempo.
Queste allucinazione rappresentano per Sarah un’epifania: realizza di non essere un clone.
Lei è sua nonna.
Dimessa dall’ospedale, si reca, indossando un abito della defunta nonna, al maneggio dove si trova Willow.
Presa la cavalla, si avvia per una passeggiata; giunta in una radura, un fascio di luce la cattura facendola sparire.
Pazzia o rapimento?
Questo è il quesito attorno al quale lo spettatore si arrovella il cervello: Sarah ha ereditato i disturbi mentali della nonna o, come lei crede, è veramente vittima di un rapimento alieno?
Fino al momento del ricovero in ospedale le esperienze vissute da Sarah sembrano riconducibili alla condizione della nonna.
La donna, infatti, parlava con i muri, sentiva voci che nessun altro percepiva e credeva di venire dal futuro.
Questo giustificherebbe gli strani comportamenti della protagonista: i segni su una parete di casa fatti la notte del suo compleanno, di cui non ha memoria; visioni in cui, assieme a un uomo (che si troverà a pedinare) e una ragazza, entra in contatto con delle entità aliene; il ritrovarsi spaesata e completamente nuda nel negozio in cui lavora; la convinzione di poter sentire il futuro.
Eppure, le allucinazioni che travolgono la mente di Sarah durante i giorni del ricovero – e che ricordano le esperienze vissute dalla protagonista di Night Bus – non solo rafforzano le sue convinzioni, ma influiscono anche sul giudizio dello spettatore.
Risvegliatasi nel letto della sua campagna di stanza – che con sua grande sorpresa è la stessa ragazza con cui condivideva i rapimenti alieni – Sarah apprende che la giovane addormentatasi nel 1995 si è risvegliata nei giorni nostri: anche lei, come la protagonista, è intrappolata in un loop temporale.
E così lo spettatore si convince che Sarah non sia psicotica, ma che i suoi abbagli siano reali.
Prima del misterioso finale, una scena conferma questa teoria.
Una scena presente anche all’inizio del film che, in quell’istante, pare priva di senso: Joan, mentre sistema alcuni prodotti in negozio chiacchierando con Sarah, vede un cavallo passare di fronte alla vetrina.
Solo nelle ultime inquadrature verrà mostrato che quel cavallo è Willow e che ha condurlo è Sarah.
Il finale lascia qualcosa di non detto; il significato del lungometraggio sembra sfuggire e la decisione di credere o meno alla storia di Sarah è affidata allo spettatore.
Se la scena conclusiva, in cui Sarah viene rapita dal fascio luminoso, fosse un’allegoria della morte della protagonista?
Se Sarah, come la madre, muore suicida schiacciata dal peso di una realtà che nessuno vuole accettare?
Lascio a te, Quattrocchi, il compito di rispondere a queste mie domande.
Se hai visto Horse Girl, vorrei conoscere il tuo punto di vista.
Voto: 🤓🤓🤓😶😶
Durata: 103′
Casa di produzione: Netflix
Regia: Jeff Baena
Cast: Alison Brie, Molly Shannon, John Paul Reynolds