Ciao Quattrocchi, l’articolo di oggi chiuderà gennaio con una riflessione sulle femmine secondo i maschi.
Una riflessione che su Instagram è risultata confusa, e più che altro carica di nervosismo. Quindi ci tenevo a riproporla mettendo le cose in fila.
In questo articolo partirò da tre punti di vista maschili + 1 sulla figura femminile:
- Massimiliano Parente con il suo articolo Social, sessiste e “carine”. Ecco le influenze (modaiole) del libro;
- Andrew Klavan e il suo video Zero Women Can Fight With A Sword, che non trovo più online quindi rimando all’articolo di Eric Kain su Forbes;
- Amadeus e la sua presentazione delle co-conduttrici per Sanremo. Un video senza pubblicità non lo trovo, quindi ecco l’articolo di Carlotta Sisti per Elle.
Manca solo il +1: la Sicilia ha avviato una campagna sulla salute morta dopo appena ventiquattr’ore.
Il motivo?
Eh, ora te lo spiego.
Massimiliano Parente e il sessismo verso le book blogger
Prima di andare ad analizzare i punti focali dell’articolo di Parente, mi sembra giusto mettere i puntini sulle i.
Cos’è il sessismo? A chi è diretto e perché?
Per rispondere a queste domande nel migliore dei modi, ho chiesto aiuto alla Treccani.
sessismo s. m. [der. di sesso, sul modello di razzismo e per influsso del fr. sexisme e ingl. sexism]. – Termine coniato nell’ambito dei movimenti femministi degli anni Sessanta del Novecento per indicare l’atteggiamento di chi (uomo o donna) tende a giustificare, promuovere o difendere l’idea dell’inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile e la conseguente discriminazione operata nei confronti delle donne in campo sociopolitico, culturale, professionale, o semplicemente interpersonale; anche, con sign. più generale, tendenza a discriminare qualcuno in base al sesso di appartenenza.
Il sessismo al contrario, come mi è capitato di sentirlo chiamare, non può esistere e la definizione del vocabolario è abbastanza chiara.
Il motivo è che si tratta di una questione di potere sociale, che per tradizione è in mani maschili e questo è dovuto molto alle religioni, che si radicano in profondità nelle culture che le ospitano.
Se la figura più alta a cui possiamo fare riferimento – Dio – è padre e quindi uomo, e le scritture ti dicono che la donna è sottomessa, allora tu ci credi. E se diventi laico, ne hai di lavoro da fare per scacciare via certi pensieri.
Al riguardo ne ha parlato in modo approfondito, semplice e acuto Mary Daly nel saggio La chiesa e il secondo sesso. Un testo di cui consiglierei la lettura anche a Massimiliano Parente, ma dubito che ci si avvicinerebbe.
E poi dicono il sessismo. Prendiamo la cultura, prendiamo i libri, prendiamo una tizia che si chiama Carolina Capria, […] è una book influencer, una nuova meravigliosa professione del nulla, e parla solo di libri scritti da donne. Immaginatevi il contrario, se un critico, un giornalista, uno scrittore, dichiarasse di parlare solo di libri scritti da uomini. Come se quelli di Virginia Woolf fossero libri scritti per le donne e quelli di Proust o Joyce per gli uomini. (Non so, vorrei far vedere questo account al mio amico Vittorio Sgarbi e solo per fargli urlare: Capria, Capria, Capria!). […] Ma il punto dei book influencer è un altro, o meglio è sempre lo stesso anche fuori dalla Capria. È che sono tutte donne.
Questo è l’inizio dell’articolo, dove Carolina Capria, scrittrice e book influencer conosciuta come @lhascrittounafemmina, viene definita “tizia” e il suo parlare di libri una “professione del nulla”, che a quanto pare fanno solo le donne.
Che siano solo donne a parlare dei libri non è vero, ma quello che mi ha fatto storcere il naso è il suo “immaginatevi il contrario, se un critico, un giornalista, uno scrittore, dichiarasse di parlare solo di libri scritti da uomini”.
La verità è che non c’è bisogno di dichiararlo, accade e basta, e viene ritenuto normale.
Così come viene spontaneo rifiutare un libro scritto da una donna se sei un ragazzino di undici anni, perché lo si reputa “roba da femmine”. Una frase che mi sono sentita ripetere una miriade di volte, sempre con un tono che sottolineava il difetto.
Proprio come succede quando si dimostra un po’ di paura o debolezza, e allora si diventa femminucce.
Parente è questo che ha detto sottolineando a più riprese come la cultura venga sminuita dalle influencer.
Questo perché lo fanno donne a detta sua carine, che scattano foto anche queste carine, e piene di tazze, tovaglie e tutto il resto.
Parente non è il primo e non sarà l’ultimo a parlare di inferiorità femminile. Ci ha pensato pure lo scrittore Andrew Klavan con una recensione della serie The Witcher.
Andrew Klavan e le donne che non possono combattere
Non ho fatto in tempo a pubblicare l’articolo dedicato a The Witcher e alle figure femminili, che arriva Klavan a rompere le uova nel paniere.
Secondo l’autore nessuna donna è in grado di combattere con la spada, soprattutto se si tratta di confrontarsi con un uomo.
Un pensiero nato intorno alle figure femminili di The Witcher, in particolare modo la regina Calanthe, che vanno in battaglia brandendo spade di una certa importanza.
Klavan, nel vedere le suddette spade, sostiene che per una donna sarebbe impossibile battersi tenendo in mano un’arma di cinque chili.
Un minuto di silenzio per Klavan e il suo scarso impegno nella ricerca.
Dopo aver pubblicato la sua recensione su YouTube, nei commenti sono arrivati una serie di messaggi da parte di espert* e donne allibite.
Da una parte è stata smentita l’esistenza di una sola tipologia di spada, e soprattutto che i famosi cinque chili sono in realtà un luogo comune e non corrispondono a verità.
A questo si va a sommare l’assurdità di mettere tutti gli uomini sulla faccia della Terra più in alto tutte le donne esistenti da un punto di vista di forza.
Uno dei concetti associati alla figura maschile è la forza, che va a contrapporsi alla debolezza femminile.
Idea intorno alla quale ruotano le vecchie storie di cavalieri e che continuiamo a portarci dietro, nonostante ci siano campionesse olimpiche altrettanto abili e che i combattimenti in stile medievale siano pure misti.
Al riguardo ti consiglio la lettura del blog La Spada perfetta, con cui collaboriamo. Qui sì che leggerai di spade, donne e uomini combattenti e potrai tenerti lontano da assurde fake news.
E ora passiamo alla notizia che ha fatto tanto scalpore: Amadeus e il ruolo femminile.
Il “davvero molto bella” di Amadeus
Non guardo Sanremo da anni, forse da sempre.
Preferivo il Festival Bar, con artisti internazionali, e per l’aria più giovanile.
Sanremo non è il mio programma, ma lo è per tantissime altre persone. Ecco perché è importante prestare attenzione a ciò che si dice.
In questo Amadeus non se l’è cavata bene, per niente, eppure ci sono persone che sminuiscono la situazione sottolineando che si è trattata di una svista, che alla fine non era ciò che voleva dire. In pratica la modalità più diffusa di nascondersi dietro a un dito.
Ma perché quello che ha fatto Amadeus è offensivo?
Partiamo dal fatto che Sanremo è programma ancora molto seguito e anche per quest’anno la conduzione è stata messa in mano a un uomo, Amadeus, per l’appunto.
Come andava e continua ad andare di moda, il conduttore uomo viene affiancato da co-conduttrici donne, che secondo i canoni della televisione devono essere belle, anzi “davvero molto belle”.
E già così tocchiamo una serie di tasti dolenti: chi ha deciso i canoni della televisione? Come mai questi canoni ci affliggono nel quotidiano? A tal punto da spingerci a diete forzate, a sentirci male con noi stesse se non abbiamo le misure giuste. Cose che sfociano in prese in giro, bullismo e cyberbullismo.
Per non parlare della sensazione di inadeguatezza e l’idea di dover piacere fisicamente a tutti i costi, e in primo luogo agli uomini.
Attenzione, però, perché se poi piacciamo non è che ci va meglio: di una donna definita bella ci si chiederà come abbia raggiunto posizioni lavorative importanti. E nel caso subisse molestie sul lavoro, o stalking, ci saranno persone pronte a dire che la colpa è sua. Che si copra! È lei che provoca.
Nel caso specifico di Amadeus la cosa riguarda proprio la professionalità di Francesca Sofia Novello, presentata alla televisione come fidanzata di Valentino Rosso e “davvero molto bella”.
In effetti la quantità di “bella” pronunciati ha toccato l’imbarazzante, e a seguire è arrivato lo scivolone, ossia dire di avere scelto Francesca perché capace di stare con un grande uomo, ma sempre un passo indietro.
Nel sentire questa frase ho cercato di elaborare cosa intendesse dire Amadeus, pur non essendo nella sua testa.
Aveva appena affermato che Francesca è una modella promettente, quindi forse intendeva dire che nonostante il fidanzamento, la ragazza non vuole sfruttare la fama di Valentino Rossi per fare carriera, ma fare da sola.
Il problema è che non lo ha detto e certe cose pensarle non è sufficiente, non quando le tue parole arriveranno a così tanto pubblico.
A questo si aggiunge il fatto che delle capacità di Francesca non ha parlato per nulla, e lo stesso per le altre ragazze che lavoreranno con lui,
Nessuna di loro è stata presentata al di fuori dell’aspetto fisico, come se non contasse.
Ma perché non conta? O meglio, perché continua a non contare nulla?
Per qualcuno la risposta potrebbe essere che alla fine quella è la televisione, quindi ci si aspetta donne di aspetto piacente.
Una visione che però non dovrebbe andarci bene, non solo perché si tratta di un elemento soggettivo ma perché fungerebbe da discriminante sociale: trasmettere un canone di come si deve essere crea danni su più livelli, che si radicano e vengono trasmessi di generazione in generazione.
E gli effetti collaterali li possiamo vedere perfino in una pubblicità regionale dedicata alla salute.
Sicilia: la salute e il corpo femminile
Prima di realizzare una qualsiasi campagna bisogna stare attenti a una serie di cose: il linguaggio, il tono di voce, il pubblico e ovviamente l’obiettivo che si vuole ottenere.
Nel momento in cui la campagna parla di salute, le cose si complicano: il pubblico di riferimento è lo stesso che sarà protagonista della mia campagna.
Quindi il linguaggio diventa la chiave per raggiungere l’obiettivo o mancarlo in pieno, come è successo alla regione Sicilia.
Quando ho visto quell’immagine ho pensato si trattasse di una pubblicità per un lounge bar, o peggio quella di un vino.
Perché peggio? Perché l’idea che non si riesca a promuovere un prodotto senza sessualizzare il corpo femminile mi delude e mi fa pure arrabbiare.
L’associazione donna-sesso è ancora molto sfruttata nelle pubblicità, e la cosa non va bene per entrambe le parti.
Se la donna è vista come un corpo utile ad attirare uomini, gli uomini sono visti come soggetti con scarse capacità di controllo.
E da qui il problema: nel quotidiano se la donna non riesce a tenersi un uomo o se lui preferisce uscire con gli amici, allora non è attraente, ed è una colpa. Così come è una colpa se è lui che non ha voglia di fare sesso. Non può, è un uomo, lui ha voglia per natura!
La cosa assurda è che in questo caso il pubblico sono le donne stesse, che mentre stanno attente alla propria salute si vedono simboleggiate prima di tutto dal proprio seno, che diventa in automatico metro di giudizio.
Quali sono le dosi giuste di vino? viene infatti associata alla taglia del seno.
Non c’è quindi da stupirsi se questa campagna ha avuto vita tanto breve (ventiquattro ore), cosa che non si può dire di questo articolo! Quindi un applauso a te Quattrocchi, che hai resistito fino a qui 👏
Che ne dici di un ultimo sforzo?
Fammi sapere il tuo punto di vista con un mi piace e scrivendo nei commenti 👇
Alla prossima!
Completamente d’accordo con te: purtroppo molti uomini trattano ancora le donne in base a un proprio metro personale, basato la maggior parte delle volte sul loro aspetto fisico e la possibilità di controllarle. E la sessualizzazione della donne nel campo della pubblicità dimostra come strumentalizzare il corpo femminile sia ancora la norma, accettata dai più senza troppi problemi.
Ciao PdQ, il mio commento è orientato principalmente al mondo dei libri, materia prima di questo blog, anche se apprezzo la pluralità di argomenti e temi affrontati.
Considero i libri “democratici” perché quando ne incontri uno hai due o tre semplici informazioni:
1. Il titolo.
2. Da chi è stato scritto.
3. L’immagine della copertina (…se c’è).
Bene, non so se interessa al sig. Parente, ma tantissimi libri che ho comperato e letto sono stati scritti da donne delle quali ignoro il volto ma conosco solo il nome e cognome, se non è uno pseudonimo.
E lo stesso discorso vale per i libri scritti dagli uomini. Questo articolo mi ha fatto riflettere su questo punto: adoro i libri anche perché non ho la percezione “fisica” dell’autor*. Conosco solo una parte di lui/lei o tutto quello che c’è da sapere? Non lo so e ti dirò la verità: non mi interessa, perché quello che conta per me è se l’opera che ho letto, sì “l’Opera”, valeva il tempo speso per leggerla. E mi fermo qui, non vado oltre, La mia curiosità non cerca di capire che faccia abbia Margaret Weis oppure le misure di Licia Troisi. La book influencer o gli influencer in generale sono nuove figure legate ai nuovi media. Nel 1954 chi ha dato il primo annuncio delle trasmissioni TV? Significava forse che annunciare i programmi televisivi era un mestiere “del nulla”? Esistevano già dei “canoni televisivi”?
Però devo dire anche un’altra cosa: perché le donne si “tirano”? Per lo stesso motivo per il quale gli uomini cercano di avere un fisco scolpito: per piacere. Lo schermo offre prima di tutto un’immagine, il contenuto lo elabori successivamente, quindi ritengo conseguenza di questa società e forse del genere umano, stilare “canoni” di bellezza che dovrebbero essere soggettivi ma che diventano oggettivi, con tutte le conseguenze del caso. Quando la TV riuscirà a trasmettermi quella voglia di immaginare il monte Fato o la voce di Ignazio da Toledo oppure di avere la stessa sensazione che si prova durante un temporale ascoltando “semplicemente” della musica a occhi chiusi (ndr Vivaldi) allora anche questo media avrà raggiunto il mio essere, altrimenti rimane un mezzo di comunicazione con i suoi pregi e i suoi difetti.
Discorso più ampio è il rapporto Uomo/Donna ma credo non sia argomento di questo articolo e soprattutto di questo blog anche se, ovviamente, non deve essere sminuito o derubricato.