Hill House: libro vs serie tv

Hill House: libro vs serie tv

Tempo di lettura 7 minuti

Ciao Quattrocchi!
Da quanto non ti capitava un ponte di tre giorni da passare sul divano, con il freddo bloccato dietro le finestre?

Hallowe’en è appena passato, ma poco importa: le storie di fantasmi si godono anche oggi.
Soprattutto se si tratta di una serie tv come The Hounting of Hill House.

Confesso che non ho mai capito molto il piacere di sentire paura, e di conseguenza il desiderio di vedere un horror. Eppure questo è un periodo così, dove mi fiondo su libri del terrore e serie tv poco pacifiche, e sai una cosa?
Ne apprezzo molto le ambientazioni, i personaggi e l’intensità del racconto.

Che sia questo e non la paura a spingere i fan degli horror a continuare a guardare?

Detto questo, per parlare al meglio di Hill House ho deciso di leggere anche il romanzo, L’incubo di Hill House di Shirley Jackson, e fare un confronto tra le due opere.

Come sempre, si tratta del mio punto di vista e sarei curiosa di sapere cosa ne pensi tu: lascia un commento e dimmi quale dei due hai preferito. E se non ti sei ancora cimentat* nella lettura o nella visione della storia, questo è il fine settimana perfetto per farlo 😎

The Hounting of Hill House, la serie originale Netflix 

The Hounting of Hill House, la serie originale Netflix 

A consigliarmi questa serie horror paranormale è stata la Quattrocchi Federica, e le sue parole sono state “no, ma non fa così paura! Io ci sono riuscita benissimo a guardarla, e sono una fifona”.

Anche io sono riuscita a guardarla: non mi sono risparmiata dal coprirmi gli occhi o dal saltare sul divano. Ho pure usato un plaid come scudo protettivo: mi ci sono avvolta, formando una sorta di bozzolo da cui fare uscire, all’occorrenza, solo naso e occhi.

Ammettiamolo: se così non fosse stato, ne sarei rimasta delusa.
Si tratta di una serie horror, che punta a creare situazioni di ansia e paura, e devo dire che ci riesce molto bene.

Come?

Ecco i 3 aspetti che ho apprezzato di più.

1. La famiglia protagonista

hill house la famiglia protagonista

Sono tante le serie che hanno come protagonista una famiglia, soprattutto le comedy come Parenthood, e la difficoltà sta nel riuscire a dare il giusto spazio a ogni personaggio, senza cadere in strane contraddizioni.

Con Hill House le cose sono anche più complesse dal momento che si tratta di un horror: i personaggi sono come ingranaggi coi quali si alza la tensione, svelano misteri e infittisce la trama.

In questa serie, poi, i componenti della famiglia sono anche tanti:

    • Olivia “Liv e Hugh Crain, i due genitori che si occupano di restaurare proprietà per poi rivenderle al migliore offerente. A un certo punto della loro vita hanno puntato sul cavallo sbagliato, Hill House, appunto;
    • Steven Crain, il primogenito diventato uno scrittore di successo e il cui primo romanzo è proprio L’incubo di Hill House, o comunque una sua versione;
    • Shirley Crain Harris, la secondogenita che con il marito ha aperto una casa funeraria. Lei in particolare si occupa di pulire, truccare e vestire i morti per la funzione;
    • Theodora “Theo” Crain, la terzogenita e psicologa infantile. Possiede il dono della conoscenza psichica e le basta toccare le persone per capirle;
    • Luke Crain ed Eleonor “Nell” Crain Vance, gemelli con una forte empatia mentale. Il primo soffre di tossicodipendenza, la seconda è rimasta traumatizzata dall’esperienza a Hill House e soffre di paralisi nel sonno.

Personaggi intriganti non trovi?
Ognuno si è guadagnato il suo posto nella serie, tanto che non riuscirei a immaginare la storia senza uno di loro.

Come vedi possiedono le loro qualità, alcune psichiche altre più comuni, e si tratta di aspetti incastrati alla perfezione che fanno capire quanto Hill House abbia inciso sulle loro vite anche dopo che ne sono usciti.

2. L’intreccio e l’effetto mystery

Di solito non apprezzo molto i flashback, o la “retrodatazione” come la chiama Damiano.
Il motivo è che questa tecnica permette di sfruttare anche i più piccoli spazi di trama per creare colpi di scena anche assurdi, come una figlia di cui nessuno sapeva niente e che arriva alla tua locanda strappandoti un capello per il test del DNA (se hai visto Una mamma per amica possiamo inveire insieme).

Con Hill House ho apprezzato molto l’intreccio e il passare da una situazione presente a una passata, perché ha permesso di realizzare un effetto mystery che mi teneva incollata allo schermo. Sì, nonostante il terrore folle provato in alcune scene.

Non si è trattato solo di un horror, ma di svelare i segreti e i misteri di una casa che aveva segnato così in profondità ogni componente della famiglia.
Un giallo-paranormale che mi ha conquistata i colpi di scena svelati solo nelle ultime puntate.

3. Intensità e immedesimazione: mi sentivo vicino ai personaggi

Non ho solo avuto paura, mi sono sentita triste, angosciata. Ho provato stupore, rabbia: mi sono immedesimata molto nei personaggi.
L’intensità delle emozioni era palpabile e ho apprezzato molto l’espressività degli attori.

Questo aspetto è uno dei più importanti per me, sia quando guardo le serie tv sia quando leggo: voglio sentire i personaggi vicino a me. O meglio, io voglio sentirmi sulla scena, al loro fianco. Con Hill House è stato così, quindi faccio i miei complimenti a tutto lo staff Netflix per avere realizzato un’opera così ben fatta.
E dopo avere letto il romanzo posso dire che il lavoro svolto è stato ancora più eccezionale di quel che pensavo.

L’incubo di Hill House, di Shirley Jackson 

L’incubo di Hill House, di Shirley Jackson 

Una volta terminata la serie, sentivo la mancanza dei personaggi e di quell’ambientazione. Così mi sono decisa a leggere il romanzo da cui è stata tratta: L’incubo di Hill House di Shirley Jackson.

È sempre bello per me venire a conoscenza dei libri tramite le serie tv o i film, perché mi permette di rivivere la storia, a volte in modo molto diverso.

Con Hill House la differenza è netta a tal punto da dare l’idea che la serie sia una sorta di fan fiction, tramite la quale è stato ampliato il mondo narrato dall’autrice.

Partiamo dal fatto che nel romanzo i protagonisti non sono una famiglia, ma sconosciuti che vengono contattati dal professor Montague, studioso di paranormale che nonostante questo tiene molto al metodo scientifico.

È lui a inviare una lettera a Eleonor Vance e a Theodora “Theo” invitandole a soggiornare nella casa per un’intera estate. Entrambe le ragazze vengono scelte perché, secondo le ricerche del professore, nella loro vita avrebbero sperimentato eventi paranormali.

Theo ha manifestato poteri ESP (percezione extrasensoriale), mentre Nell avrebbe subito l’attacco di una qualche presenza maligna quando era bambina, che le avrebbe bombardato la casa con una pioggia di pietre (cosa che mi ha fatto subito ricordare Carrie di Stephen King).

A loro si unisce Luke Sanderson, ultimo erede della casa.

Nell come protagonista

Rispetto alla serie tv, qui la figura da protagonista la svolge Nell: è l’unica di cui si conoscono i pensieri ed è con lei che arriviamo alla casa.

Il personaggio di Nell rappresenta la figura femminile che in quegli anni era molto diffusa (il romanzo è del 1959, ma in Italia è stato pubblicato solo vent’anni dopo): desiderosa di indipendenza, decide di accettare l’invito del professor Montague nonostante la sorella sia contraria.

Questo sua atto di ribellione continua durante il tragitto verso Hill House, infatti decide di non prestare attenzione ai consigli del professore e si ferma comunque nel paese per prendere un caffè

La sua è una libertà che sente di dover assaporare e seguire i suoi passi da spettatrice è stato bello, sopratutto quando, ormai arrivata alla casa, si inventa una vita che in realtà non ha. Al solo scopo di fare bella figura davanti agli altri.

L’importanza del personaggio di Nell c’è anche nella serie, non si può negare, ma per quella del romanzo non ho provato lo stesso attaccamento.

Narrazione e dialoghi

Il romanzo presenta una narrazione lenta, che dovrebbe introdurre una crescente sensazione d’angoscia o d’oppressione causate dai timori dei protagonisti nei confronti di eventi paranormali, come forti rumori lungo i corridoi o i vestiti di Theo ricoperti di un liquido rosso che pare essere sangue.

Ma a rendere tutto molto surreale sono i dialoghi.
Le battute che si scambiano i personaggi mi sono sembrate troppo costruite e poco realistiche, un aspetto che ho apprezzato solo nel momento in cui altri due personaggi fanno il loro ingresso: la moglie del professor Montague e di un loro amico di famiglia.

Questi due personaggi vedono la casa e lo studio del paranormale in modo opposto rispetto al professore.
Il metodo scientifico non è contemplato, anzi: la moglie si comporta come una medium e ritiene che l’unico modo per comunicare con i fantasmi sia la planchette, conosciuta anche come tavola Ouija.

Nonostante questo, rispetto agli altri personaggi, la moglie e l’amico di famiglia svolgono dialoghi più sensati, senza giri di parole o sensi nascosti.
Un aspetto che crea un maggiore contrasto e fa vedere come, in realtà, la stessa scienza di cui si investe il professor Montague non sia tale.

Per quanto questo romanzo sia inserito tra i capolavori dell’horror, che ha pure influenzato molto la scrittura di Stephen King, devo dire che non mi ha coinvolta come avrei voluto.

I personaggi risultano enigmatici, ma non c’è una vera propria risoluzione di questo enigma.
Il finale è aperto a più interpretazioni, ma collegandosi a una narrazione per me poco consistente, fatico a pensare a una versione che mi convinca a pieno.

Diciamo che l’ho trovata una storia ricca di spunti interessanti, e sono contenta che nel leggerla, gli sceneggiatori di Netflix ne abbiano tirato fuori una trama coi fiocchi.

A questo punto tocca a te: hai letto il romanzo? Hai visto la serie?
Se la risposta è sì, fammi sapere cosa ne pensi nei commenti, altrimenti consigliami qualcosa da vedere in questi giorni: plaid e divano necessitano di tutte le mie attenzioni 🛋

7 commenti

Qual è il tuo punto di vista?