L’anno scorso ho riscoperto un autore di cui avevo letto un solo libro al liceo: sto parlando di Stephen King e del suo L’acchiappasogni (2001).
Dopo quel romanzo avevo lasciato perdere l’autore. Non perché le sue opere rientrano nel genere horror, ma perché i suoi libri parlano di orrori sociali. Così tangibili da farti sentire il mostro.
Di libri ne ha scritti parecchi, quindi per ricominciare a leggere King ho pensato di partire dall’inizio.
Carrie (1974) è stato il suo primo romanzo, una finestra sul bullismo e gli anni Sessanta americani.
Mi è piaciuto?
Sì, parecchio, e ora ti spiego il perché.
Di cosa parla Carrie?
Carrie è una ragazza silenziosa, senza amici, che vive con la madre in un paesino del Maine.
Proprio perché si tratta di una persona schiva, a tratti ancora infantile, viene derisa e maltrattata dalle sue compagne di scuola.
Oltre all’incubo del bullismo a scuola, Carrie è figlia di una donna puritana e ossessionata dal concetto di peccato.
Sin da bambina viene infatti mortificata dalla madre, e questo la porta a sviluppare sempre di più i suoi poteri di telecinesi. Cosa che la porterà a compiere un atto orribile.
Questa è la storia con la quale Stephen King ha parlato senza fronzoli di problemi adolescenziali alle volte trascurati: primo tra tutti il bullismo, e in secondo luogo le mestruazioni.
Carrie, infatti, realizza le sue capacità telecinetiche dopo le sue prime mestruazioni, un evento che segna tutte le ragazze e del quale ci si vergogna.
Introspezione e figure femminili
La prima cosa che ho apprezzato di questo romanzo è l’introspezione ben delineata per ogni personaggio, seguita dalla capacità dell’autore di mettere su carta figure femminili per niente banalizzate.
Ogni donna o ragazza viene presentata con le sue sfumature caratteriali.
Per esempio Chris, una delle co-protagoniste della vicenda: la si percepisce come una ragazza viziata dalle sue stesse parole, dai suoi pensieri e modi di atteggiarsi.
Con lei King è stato particolarmente bravo.
Non è la solita antagonista (è lei la mente dietro lo “scherzo” ai danni di Carrie), con la quale entriamo solo in conflitto.
Viene presentata come femmina, quindi nel leggerla mi sono ritrovata in alcune sue narrazioni.
Con Sue, un’altra compagna di classe di Carrie, è stato ancora più intenso il legame.
La ragazza che vuole sentirsi parte della comunità, desidera sentirsi integrata, e che riconosce nel suo essere popolare una cosa tanto sciocca quanto fondamentale per la serenità.
In particolare sono rimasta colpita dal modo con cui King ha descritto l’esperienza dei rapporti sessuali da parte di ragazze adolescenti.
L’autore è entrato nella prospettiva femminile, che in molte situazioni vede il sesso diviso in due momenti: quello fisico in compagnia del proprio partner e quello psicologico, vissuto in un secondo momento nell’intimità singola. Durante la quale è possibile raggiungere l’orgasmo non avuto in precedenza.
Si tratta di un aspetto della femminilità di cui è difficile sentire parlare, soprattutto in termini così diretti.
Il fatto poi che a scriverne sia stato un uomo mi ha stupita ancora di più.
All’apparenza si tratta “solo” di un horror, ma grazie alla cura dei dettagli, King delinea alcuni atteggiamenti e dubbi che io stessa ho avuto nei confronti del sesso.
Struttura narrativa intrigante
Tutto questo viene trasmesso da una struttura narrativa intrigante.
King ha deciso di alternare una narrazione presente e personale, interrotta in alcuni momenti dai pensieri dei personaggi, a una narrazione che parla al passato, a eventi già accaduti, tramite la citazione di brani fittizi.
All’interno del romanzo, infatti, non hanno voce solo i protagonisti della vicenda, ci sono anche gli studiosi, i giornalisti e coloro che hanno indagato sul “caso Carrie White”.
Da un lato questo ci rende consapevoli della mostruosità dell’accaduto sin dall’inizio, ma è solo continuando a leggere che scopriamo gli eventi scatenanti e quello che ne è derivato anche da un punto di vista emotivo.
Penso comunque che questa tipologia di narrazione sia dovuta al fatto che l’autore è partito convinto di scrivere un racconto. Del quale, tra l’altro, era certo non potesse avere il successo che in realtà ha avuto.
L’aspetto religioso e gli anni Sessanta
Il romanzo è ambientato nella seconda metà degli anni Sessanta, e questo lo si capisce sia dai testi citati sia dall’aspetto sociale di cui King ci parla.
Dalle parole che King fa pronunciare ad alcuni personaggi o dalla mancanza di certi personaggi (i protagonisti sono tutti bianchi e etero), si sente l’atmosfera di quegli anni, durante i quali si tennero battaglie importanti per i diritti civili.
Sono gli anni del Black Power, gli anni in cui Martin Luther King (oggi 21 gennaio è la giornata a lui dedicata) ha mostrato all’America il marcio della società.
In quegli stessi anni, per essere precisi nel 1963, Stan Lee crea gli X-men, affrontando il tema del diverso e di quello che significa nel quotidiano.
Trovo questi temi anche nelle pagine di Carrie, in quanto il fulcro intorno a cui ruota tutto è l’aspetto religioso, identificato nella figura di Margeret White, che ritiene Carrie posseduta da Satana per via del suo potere.
Tramite Margaret veniamo a contatto con la mentalità chiusa di chi non è disposto ad accettare la diversità. Anzi, la denigra e cerca di colpirla, colpevolizzarla, nella convinzione di poterla rendere normale.
Dove il concetto di normale diviene sinonimo di giusto, un concetto di cui ho parlato anche in 3 letture femminili e femministe a Natale.
Carrie è un romanzo che parla dei problemi del singolo e dello stesso all’interno della società in cui vive.
Di come ci si debba conformare a uno standard richiesto, non perché sia corretto, ma perché ritenuto l’unico possibile. Quando in realtà è solo il più diffuso.
King non manca di mostrare le conseguenze di questo obbligo sociale, e lo fa passando per l’orrore.
Ci sono poi una serie di richiami ai testi religiosi, come la pioggia di pietre descritta nell’Apocalisse o l’uso del sangue di maiale per denigrare la protagonista, dal momento che in Occidente il maiale è spesso riconosciuto come simbolo di lussuria, peccato e brutalità.
Tutti elementi che vengono contrapposti a un pensiero scientifico, con il quale si ipotizza la presenza di un gene ereditario in grado di trasmettere le capacità telecinetiche. Questo non esclude la possibilità di una malattia: la scienza è pur sempre in mano all’essere umano, soggetto a nodi culturali difficili da sciogliere.
E tu che ne pensi?
Hai mai letto Carrie o un romanzo di King?
Se la risposta è no, puoi inserirlo nelle letture di quest’anno con la Quattrocchi Reading Challenge!