Londra. XIX sec.. Una serie di efferati delitti terrorizza i sobborghi poveri e malfamati di Mangle Street: giovani donne brutalmente uccise nelle loro dimore. Un detective tanto geniale quanto originale è coinvolto nelle indagini, alla ricerca della verità. Accanto a lui, una giovane donna che si staglia per intelligenza e indipendenza fra le frivole oche della “città bene”.
Sembra una generica accozzaglia di cliché? E invece no. L’autore di I delitti di Mangle Street è riuscito a rovesciare a suo favore i principali luoghi comuni del romanzo giallo in stile ottocentesco, pubblicando una storia particolare e dando vita ad una serie che omaggia apertamente Arthur Conan Doyle.
Il detective antipatico: Sidney Grice
Il detective Sidney Grice è un protagonista diverso da quelli che ho avuto modo di conoscere nei gialli che ho letto prima d’ora, per il semplice fatto che è a tutti gli effetti antipatico e detestabile. E non fa niente per evitarlo. È indubitabilmente ingegnoso, non gli sfugge niente, la sua mente è più acuta e veloce di un computer. Tuttavia, si ritiene migliore di tutti gli altri. Proprio tutti, non solo degli ingenui poliziotti che contaminano le prove e non vedono al di là del proprio naso. Si sente in diritto di sputare sentenze e giudicare le abitudini altrui. Insomma non si impegna per piacere nemmeno al lettore.
Al di là del suo inquietante occhio di vetro che continua a cadergli fuori dall’orbita nei momenti meno opportuni, viene descritto come basso e arrogante. Sapendo che Martin Freeman ha interpretato il feroce Riccardo III di Shakespeare nel 2014, non ho potuto fare a meno di immaginarlo con il suo aspetto.
March Middleton: l’eroina di cui abbiamo bisogno
L’umanità che manca al detective Grice è espressa tutta dalla sua pupilla, la signorina March Middleton. Rimasta orfana, viene accolta nella casa di Gower Street in virtù di un misterioso debito che Grice avrebbe nei confronti del padre di lei. Ciò che non si aspetta è di trovarsi di fronte ad una giovane istruita, che scrive con dialettica vivace, per niente svenevole, esperta di medicina, che ha saputo guardare la morte in faccia quando assisteva suo padre, chirurgo militare presso i campi di battaglia.
L’aspetto che ho amato di più di March Middleton è che rappresenta un personaggio profondamente femminista, senza però avere in alcun modo la pretesa di esserlo. Niente a che fare con il paradigma della giovane donna ribelle che si afferma contro una società bieca e maschilista. Mettiamo da parte Jane Eyre e Orgoglio e Pregiudizio. A March Middleton tutto questo non interessa. Semplicemente fa quello che ritiene meglio per sé stessa: fuma, beve, legge, scrive, critica, indaga, frequenta un club per donne dove fuma e beve ancora. Non ha bisogno di vantarsi del suo ingegno, tanto che Sidney Grice talvolta scende dal suo piedistallo per sottolineare i suoi pregi fino a chiederle di essere la sua biografa.
L’indagine
Come ho già spiegato in un altro articolo, ci sono diversi tipi di colpevoli nei gialli e sta all’autore riuscire a giostrarsi al meglio fra gli indizi per rendere l’indagine avvincente e la scoperta finale totalmente inaspettata. Non ho intenzione di fare spoiler, ma posso dirvi che questo è il caso in I Delitti di Mangle Street. Si tratta, insomma, di un’avventura ben congegnata, durante la quale vi consiglio di non perdere di vista nessun dettaglio perché, alla fine, anche il più insignificante troverà il suo posto nel puzzle.
A I Delitti di Mangle Street do come valutazione tre Quattrocchi su cinque (perché ho fatto fatica a digerire la boria del detective Grice) e due faccine riflessive, perché mi ha comunque tenuto sul filo del rasoio per la maggio parte della narrazione.
I Delitti di Mangle Street
M. R. C. Kasasian
Ed. Newton Compton
352 pagine
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