Le festività natalizie sono un’ottima occasione per staccare la spina e viaggiare un po’, magari verso una meta esotica per fuggire, anche solo per pochi giorni, dalla routine e dal freddo dell’inverno.
Io passerò queste vacanze in famiglia e viaggerò solo grazie ai documentari di Netflix e alle foto dei profili che seguo su Instagram, tra i quali thererumnatura.
Thererumnatura è il canale Instagram di Gianluca Fazio, travel blogger e digital content creator riminese residente a Bologna.
Gianluca ha inaugurato il suo blog alla fine del 2016 – anno in cui raggiunse gli 80.000 follower – dopo essere stato contattato e scelto come rappresentante della Romagna da una famosa azienda coreana di telefonia per un progetto regionale di brand ambassador.
Per Gianluca il blog è un vero e proprio memorandum: non è solo un mezzo attraverso il quale entra in contatto con i suoi seguaci e risolve ogni loro dubbio, ma è anche un diario in cui segna e annota ogni dettaglio dei suoi viaggi.
Il nome del tuo blog si rifà al De rerum natura di Lucrezio. Qual è la ragione per cui lo hai scelto?
Il nome del blog è una storpiatura del titolo dell’opera di Lucrezio, ma è anche legato a un ricordo d’infanzia: quando ero piccolo guardavo spesso con mia sorella una commedia italiana degli anni Novanta, Auguri professore; in una scena il professore interroga un alunno sul De rerum natura e questi scrive il titolo dell’opera come il nome del mio blog.
Il nome del mio blog ha anche un secondo significato: per me viaggiare significa arrivare alla natura delle cose e comprendere le regole che governano e fanno funzionare il mondo.
Sono interessato agli aspetti culturali dei paesi che visito e parecchie volte mi interrogo sul modo in cui i popoli con cui entro in contatto affrontino varie tematiche sociali e politiche.
Sei laureato in psicologia e per alcuni anni hai lavorato come psicologo infantile. Quando e per quale motivo hai deciso di cambiare professione e diventare un travel blogger e un digital content creator?
Non è stata una scelta immediata.
A settembre 2018 ho preso la decisione di prendere una pausa dal lavoro da psicologo per dedicarmi alla professione del content creator.
Era una scelta che ponderavo da tempo; mi sono preso un periodo di transizione di oltre un anno durante il quale ho deciso di provare a trasformare quello che è nato come hobby nella mia professione principale.
Durante questi mesi ho portato avanti i percorsi coi pazienti che già avevo, rifiutandone di nuovi, così come, allo stesso tempo, ho dovuto rinunciare a molti viaggi, soprattutto a quelli di lunga durata.
Quello della fotografia è un treno che sarebbe passato solo una volta, motivo per cui ho deciso di salirvi; del resto, è un’opportunità rara che non volevo farmi sfuggire.
Quanto conta il tuo background da psicologo nel tuo lavoro?
Il mio background, da un lato, mi aiuta ad avere molta pazienza, per via delle mille difficoltà che con questo lavoro si possono incontrare.
Difficoltà legate alla capacità di relazionarsi a culture diverse che non si riescono a integrare nell’immediato in quello che è il proprio modo di essere, ma bisogna farlo anche quando entrano in gioco delle pesanti questioni personali.
Il mio background da psicologo, poi, penso che mi agevoli anche ad entrare in contatto in modo empatico con le persone che mi permettono di svolgere questa professione: se non ci fossero coloro che seguono i miei viaggi, per me non sarebbe possibile svolgere questo lavoro.
Bisogna scrivere per loro, creare contenuti per loro, essere cordiali nei loro confronti; l’attenzione non deve essere su di me, ma su di loro, ecco che quindi il decentramento diviene un elemento essenziale di questo mestiere.
Bisogna cercare di evitare di cadere nella trappola del narcisismo, perché questa professione esiste grazie alla fiducia che ogni giorno aziende e utenti ripongono nel nostro modo di comunicare.
Su Instagram hai più di 114.000 follower. A cosa è dovuto, secondo te, il tuo successo sui social?
Gran parte del mio successo deriva dall’impegno che ho messo e che metto in questa professione, ma questa è solo parte della questione.
Il fatto di essere stato tra i primi in Italia a occuparsi di viaggi e di aver intuito le potenzialità dei social, soprattutto di Instagram, mi ha permesso di raggiungere un pubblico vasto quando ancora in pochi creavano contenuti di viaggio professionali per il web.
Se avessi esitato a intraprendere questa strada, anche solo di pochi mesi, probabilmente non avrei il successo che ho oggi.
La maggior parte delle persone quando viaggia condivide in tempo reale foto e video sui social. Non credi che questo bisogno di far costantemente sapere agli altri quello che si sta facendo possa rovinare il viaggio stesso?
Per molti è importante far sapere quello che fanno perché questo, credo, risponde a dei bisogni personali.
I miei viaggi a molti sembrano delle vacanze, e questo mi dà un feedback positivo su quello che faccio, anche se si tratta di vere e proprie trasferte di lavoro.
In realtà è difficile che mi goda un viaggio come facevo prima, ma per questo ogni tanto faccio dei piccoli viaggi che scelgo di tenere privati.
Tu come gestisci questo aspetto del tuo lavoro? Quando ti ritagli dei momenti per aggiornare i tuoi canali social?
La gestione dei tempi è sempre molto complicata; mediamente i viaggi prevedono quattro visite al giorno, due alla mattina e due al pomeriggio.
I tour finiscono verso le cinque del pomeriggio, ma il lavoro non si conclude in quel momento: fino all’ora di cena solitamente si sviluppano i contenuti così da poter pubblicare i materiali alla sera; ma è anche vero che alle cinque c’è la luce migliore e spesso ne approfitto per scattare altre foto, quindi mi ritrovo a lavorare sul materiale solo a tarda serata, tant’è che nella maggior parte dei viaggi dormo appena tre o quattro ore a notte.
A volte mi capita di visitare luoghi in cui non c’è connessione a internet, quindi conservo i materiali pronti per la pubblicazione e li pubblico in deferita.
In alcune zone rurali del Kazakistan, che ho visitato recentemente, mi è capitato proprio questo: ho mantenuto tutti i contenuti offline e li ho condivisi con tre o quattro giorni di ritardo quando mi sono recato a Nur-Sultan, la capitale.
Durante i tuoi viaggi attraverso quali “occhiali” osservi il mondo?
Per il novanta percento scatto con una mirrorless adoperando due diversi obbiettivi: un 50mm per i ritratti e uno zoom per le fotografie di paesaggi e di architettura.
Il restante dieci percento dei miei scatti sono invece realizzati con uno smartphone.
Molti marchi di smartphone sono dei miei partner e mi chiedono di testare i loro prodotti.
Quando utilizzo un telefono per scattare delle fotografie lo segnalo sempre: penso sia motivante per chi viaggi sapere che si possono creare dei buoni contenuti senza avere attrezzature costose e professionali.
Il mondo, quando sono in viaggio, lo osservo attraverso queste lenti.
Come organizzi i tuoi viaggi?
La maggior parte dei miei viaggi sono commissionati da enti pubblici.
Talvolta vengo contattato direttamente dagli enti stessi mentre altre volte vengo contattato da agenzie di comunicazione che gestiscono la comunicazione delle destinazioni.
Ci sono dei viaggi, però, che organizzo in autonomia con il supporto di sponsor privati, come compagnie aeree o brand di abbigliamento.
Prima di partire ci si accorda su numero, tipo e modalità di realizzazione dei contenuti da mettere online, scegliendo un modo di raccontare che sia in sinergia con la mission del cliente.
Su Parola di Quattrocchi ci occupiamo di cultura pop. Cosa significa per te cultura pop?
La cultura pop per me è qualcosa di trasversale a un gruppo di persone, un qualcosa che accomuna i membri di questo gruppo e crea un terreno comune per condividere dei valori.
Molte cose non sono nate come pop, ma lo sono diventate col tempo, nell’istante in cui hanno cominciato a diventarefondamenti di un sistema culturale.
“Pop” spesso significa “di successo”, e può avere ben più valore rispetto a ciò che sembra nell’immediato.
Qualche nuovo progetto in vista per il 2020?
Il 2019 è stato l’anno della transizione, il 2020 sarà l’anno della crescita.
Vorrei pensare a un modo per impegnare il mio tempo quando sono a Bologna: magari per fare consulenza, o per gestire i social di alcuni clienti.
Dal 2 al 6 gennaio si terrà un viaggio di gruppo del Marocco che ho redatto assieme a un tour operator; questo sarà il primo viaggio in cui parteciperanno alcuni dei miei follower.
Tra i miei obiettivi, infatti, vi è anche quello di coinvolgere attivamente i miei seguaci portandoli in viaggio con me.
E magari espandermi su altri canali non necessariamente legati ai social.